Posts Tagged ‘Egitto’

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Sviluppo e ricostruzione

17 febbraio 2011

Se provate ad andare all’indirizzo http://www.presidency.gov.eg/

vi si aprirà questa pagina:

Non è meravigliosa?

Mai pagina web di “under costruction” fu più veridica. Fonte, in cui nei commenti si fa notare come il font usato sia in effetti l’Algerian (avrebbero potuto almeno usare il Papyrus. Io l’ho trovata qui, comunque (buttate un occhio a tutto il sito, ché merita).

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Manca solo Sauron e poi… ehi, aspetta!

4 febbraio 2011

Oggi Metilparaben raccoglie in questo post una serie di dichiarazioni dell’attuale Presidente del  Consiglio dei Ministri della Repubblica Italiana di solidarietà internazionale a capi di stato non esattamente noti per il loro amore per le libere elezioni multipartitiche e i diritti umani.

Il governo cinese? Apprezzo la loro politica dell’armonia.

(Silvio Berlusconi, 6 luglio 2009)

L’amore del popolo bielorusso per il presidente Aleksandr Lukashenko si vede dai risultati elettorali che sono sotto gli occhi di tutti.

(Silvio Berlusconi, 30 novembre 2009)

Medvedev e Putin sono un dono di Dio per il vostro Paese.

(Silvio Berlusconi, 11 settembre 2010)

Io sono legato da amicizia vera con il presidente egiziano Mubarak, con il presidente libico Gheddafi e con il presidente della Tunisia Ben Ali.

(Silvio Berlusconi, 23 dicembre 2010)

Confido e credo che tutti gli occidentali pensino la stessa cosa: che ci possa essere in Egitto una transizione ad un sistema più democratico senza rotture con un presidente come Mubarak che da tutto l’occidente, Stati Uniti in testa, è stato sempre considerato l’uomo più saggio ed un punto di riferimento preciso per tutto il Medio oriente.

(Silvio Berlusconi, 4 febbraio 2011)

Il titolo del post stesso è “Manca solo Sauron di Mordor e siamo a posto“. Mica vero che manca, c’è anche lui.

Ash nazg durbatulûk, ash nazg gimbatul, ash nazg thrakatulûk, agh burzum-ishi krimpatul

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Walk like an Egyptian?

3 febbraio 2011

A tutti quegli imbecilli che continuano a dire (a dirmi) che “eh, hai visto l’Egitto? Dovremmo fare una cosa così anche in Italia”, una semplice considerazione. Certo, si potrebbero fare molte analisi sulla situazione: cose molto sensate le ha scritte ieri Slavoj Zizek. Noi ne vogliamo portare solo una.

Riprendiamo da qui:

Infine, per capire una differenza cruciale fra le piazze algerine, tunisine, egiziane e le nostre, pensiamo a questo. L’età media delle popolazioni del nord Africa è 27 anni. L’età media degli italiani è circa 50 anni e i giovani fra 15 e 24 anni, quelli che dovrebbero trainare proteste e rivolte, sono solo il 10% della popolazione. Il che vuol dire 6 sparuti milioni.

Ora: in Egitto, per ogni persona che ha più di 27 anni ce n’è una che ne ha meno. In Italia, per ogni persona che ha meno di 50 anni, ce n’è una che è sopra quella soglia d’età.

A 27 anni, la propria rabbia, la frustrazione per le cose che non vanno e il desiderio di cambiamento si mettono nella lotta contro le istituzioni. A 50 anni, si mettono nelle fottute riunioni di condominio.

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I’m the first mammal to wear pants, yeah.

2 febbraio 2011

Copyright ANSA, tutti i diritti riservati

La cosa strana e bella insieme del vedere le reazioni della gente in piazza Tahrir al Cairo subito dopo il discorso di Mubarak (in cui ha annunciato molte cose: tra queste, che non si ricandiderà alle prossime elezioni) è capire come forse non se l’aspettassero neanche loro una cosa così: o meglio, non funziona come ad una partita, dove se vinci o se perdi gli schemi comportamentali standard ce li hai. Qua no, così si vedono al tempo stesso persone con le lacrime agli occhi dalla gioia e gente furiosa, una di fianco all’altra.

La verità? E’ che siamo una razza gregaria, noi umani. Possiamo fare, fisicamente, con il nostro corpo, un sacco di cose seguendo un sacco di schemi comportamentali diversi. Solo che nella stragrande maggioranza dei casi non lo facciamo, per convenienza, abitudine sociale (o sociobiologica), senso di autorità. E ci dimentichiamo di quello che possiamo fare.

Ma ci sono altre cose che la nostra eredità genetica da animali gregari da branco ci ha consegnato: una grande adattabilità e soprattutto l’abilità di copiare le cose che fanno i nostri simili, quando riteniamo che ci siano utili.

Se uno pensa al 1848 e alla cosiddetta primavera dei popoli europea in questo modo, diventa tutto molto più comprensibile. E più o meno, al di là dell’enorme differenza di composizione sociale, mezzi di comunicazione, insomma tutto, non credo che per molte altre razze animali di questo pianeta un gruppo guardi il nido/tana/formicaio di fianco che fa un’innovazione che funziona e la copi subito. Magari dopo un po’. Ma non subito, ché per copiarla subito bisogna non dare a sé stessi il tempo di vedere che quella innovazione funziona davvero: è irrazionale, no? Pensateci.

Però ci piace. Insomma, siamo fatti in modo da poter osare, da usare l’immaginazione per fare cose grandi e contemporaneamente copiare -copiare male– quel che vediamo intorno. Siamo fatti male, forse. Però ogni tanto capita che così facendo, a tentoni, succeda che davvero si creano delle cose nuove. Che poi sono quelle in mezzo alle quali non ci si sa come comportare, perché fino a ieri nemmeno sapevi che potevi arrivare a fare quelle cose là. Il che ci riporta all’inizio del post.

[il titolo ovviamente è ripreso da questo -la vergogna cada su di voi se non lo sapevate]

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Intanto (rassegna stampa estera).

1 febbraio 2011

Ha ragione da vendere Francesco Costa sul suo blog quando scrive, in un post intitolato significativamente “Il mondo è grande”:

Oggi a un certo punto mi sono incazzato. È successo quando ho girato sui social network un aggiornamento sulle rivolte in Egitto e il primo commento che ho ricevuto – su Facebook – faceva riferimento a Berlusconi, tipo che anche noi abbiamo il nostro Mubarak.

Non ce l’ho con la persona che ha scritto quel commento e non mi interessa nemmeno fare la solita tirata sul fatto che no, Berlusconi non è Mubarak. Il motivo per cui mi sono incazzato è un altro: che in otto mesi di lavoro al Post ho letto i commenti a migliaia di articoli e ho scoperto come praticamente quasi qualsiasi articolo, di qualsiasi fatto parli, suscita sempre almeno un commento che mette in relazione quel fatto a Berlusconi. Parli della crisi politica in Giappone e qualcuno sente il bisogno di mettere la cosa in relazione a Berlusconi (“almeno lì si dimettono!”). Parli dello Stato dell’Unione e qualcuno sente il bisogno di mettere la cosa in relazione a Berlusconi (“almeno loro hanno Obama!”).

prosegue qui

E allora ci mettiamo anche noi di buzzo buono e invece che stare inchiodati a quest’uomo vi diciamo un po’ delle cose del mondo che troviamo importanti.

Quel che sta succedendo in Egitto è noto a tutti. Articoli interessanti, come sempre in questi casi si trovano sul sito di PeaceReporter. Uno spazio molto pheego e che non conoscevo è sul sito della Stampa, si chiama “Voci Globali” ed è una specie di blog con traduzioni da siti in giro per il mondo, con video e tweet incorporati: lo trovate qui. S’è detto tweet perché Twitter e i social network hanno giocato un ruolo importante nel far sì che le comunicazioni fra un paese e l’altro, tra una manifestazione e l’altra arrivino veloci. Vodafone nei giorni scorsi ha acconsentito a “spegnere” Twitter in Egitto con queste motivazioni, facendo così riflettere sull’importanza di garantire l’accesso alla rete sempre, soprattutto nelle situazioni in cui ne va, letteralmente, della vita delle persone.

In questi giorni il Post sta peraltro meritoriamente seguendo l’evolversi della situazione egiziana con un liveblogging sul proprio sito. Per chi invece mastichi un po’ d’inglese oltre all’italiano, per tenersi aggiornati e soprattutto capire quel che sta succedendo e le sue premesse storico-politiche il sito della rivista Internazionale riunisce gli articoli più interessanti su giornali e riviste. A me ha fatto anche piacere scoprire che gli artisti egiziani non stanno a guardare.

Poi però, siccome il mondo non finisce nemmeno con l’Egitto, come aggiornamenti utili proponiamo:

un articolo (in inglese) dove si spiega che fine stiano facendo fare alla rivoluzione iraniana e il problema di fondo che le rivolte hanno con la rete.

un’intervista del manifesto sulla situazione dei profughi eritrei ed etiopici rapiti dai beduini nel deserto al confine col Sinai e ignorati dalla diplomazia internazionale.

un ricordo di  David Kato Kisule, ugandese ed esponente del movimento Lgbt, perseguitato e ucciso per questo motivo.

E fa sempre bene ascoltarsi la rassegna stampa di Radio3 mondo.