Posts Tagged ‘manifestazione al Parlamento 14 dicembre’

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Se non del tutto giusto, quasi niente sbagliato

17 dicembre 2010

Ancora sui fatti di Roma, dopo molte strumentalizzazioni, sospetti di infiltrati che probabilmente non c’erano, lettere di Saviano, risposte incazzate, controrisposte, dibattiti teorici sull’uso della violenza che potrebbero essere stati fatti trent’anni fa e presa di distanza da quella stagione.

Dunque: la lettera savianea dai toni a tratti inutilmente sprezzanti la trovate qui; sostanzialmente dice che c’erano i pochi violenti e tutti gli altri e che chi violento non è non dovrebbe giustificare l’incendio di una camionetta: questo è quel che vogliono loro, occhio alla strategia della tensione, etc. La prendiamo a pretesto come metonimia di tutte le critiche, non in quanto tale.

Al di là del tono, ha la grandissima debolezza del non aver capito quel che è successo: non, per esempio, la devastazione della sede della Protezione Civile (video qui dal min. 2:36) da parte degli aquilani e dei terzignesi legittimamente incazzati come faine.

Per delle risposte a R.S. molto incazzose si può andare qui: tra l’altro, si scrive

In realtà è proprio Saviano a dimostrarsi del tutto ignorante sulla strategia della tensione ed a rivelare pubblicamente il suo ruolo di pompiere e di depotenziatore del conflitto sociale, un ruolo per il quale è stato costruito e intorno al quale hanno costruito una sofisticata operazione culturale ed editoriale.

La critica principale è quindi: “quel che è successo a Roma si chiama conflitto sociale, non ha mediazioni ed è tanto più utile quanto più si approfondisce“. Risposte “di movimento” -scritte con l’inevitabile gergo di movimento che fa cagare- anche qui (“Quello di Roma è stato un gran giorno perchè abbiamo fatto paura, e non solo ai celerini schierati in piazza” Tutti insieme famo paura, si cantava: chiediamocelo -facciamo paura davvero?). Anche tale Paolo di Bologna (a cui si accoda il Bartleby, che evidentemente non aveva voglia di creare saperi sociali) risponde a Saviano qui su Global Project. Molte cose un po’ scemotte, ma una bella frase:

Pensaci un attimo, sono due mesi che la gente scende in piazza e questo movimento non ha ancora un nome, come nei romanzi di Saramago. Siamo sempre “quelli che hanno fatto questo” oppure ci dicono che siamo di un luogo “quelli dell’Aquila, di Terzigno”. E’ una forza, non credi? Vuol dire che siamo indefinibili: siamo quello che facciamo.

In ogni caso il merito è quello di uscire dall’alternativa violenza/nonviolenza: si è usata la violenza come un mezzo, dopo averlo ritenuto proporzionato, non è che la scelta è tra un corteo, un presidio o “la violenza”.

In compenso, Saviano peggiora la sua situazione, forse la risposta migliore è quella del sociologo Alessandro Dal Lago (che ha scritto quest’anno “Eroi di carta”) oggi sul manifesto che si conclude così: “Questione ben più seria è che sbocco avrà questo movimento, analogamente ad altri che si diffondono in Europa, perfino nella già compassata Inghilterra. Ma il primo passo per discuterne è prenderlo sul serio, rinunciare ai luoghi comuni rassicuranti…

E allora, la vogliamo fare un’analisi seria? Chi c’era in piazza del Popolo ha perlopiù condiviso quel che stava succedendo: solo suggestione collettiva della violenza? Marco Belpoliti sulla Stampa dice cose vere:

Se le rivoluzioni coltivavano il sogno dell’assalto al Palazzo d’Inverno, conquista del centro simbolico del potere, la rivolta avviene in modo molecolare con l’intento di condizionare materialmente l’andamento normale delle cose.

Intanto, molti oggi commentano l’articolo di Jon Savage sul Guardian sugli Smiths, ma noi ne abbiamo scritto ieri per primi, gnè gnè: però, tutti lo fanno meglio di noi e due ottime letture sono Simona Siri e Matteo Bordone (bellissimo articolo, peccato per la chiusa, anche se non è paternalistica, va detto).

Alla fine, una delle cose più belle che abbia letto su tutta questa faccenda, ai margini delle assemblee e di tutto il resto è qui sul Post: il racconto di un ragazzo qualunque, che ha partecipato all’Onda e se n’è andato schifato dai collettivi, che a Roma c’era e si è trovato ad essere d’accordo su quel che vedeva -quasi suo malgrado. Inizia così:

Io a Roma c’ero.
Quello che voglio qui raccontare non è tanto l’esperienza di quelle ore: chi c’era, chi è stato, chi ha cominciato per primo, poliziotti infiltrati sì, poliziotti infiltrati no.
Io voglio spiegare perché istintivamente guardavo quelle macchine bruciare e la mia testa diceva è sbagliato ma non potevo fare a meno di essere contento.

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Non chi resta che.

15 dicembre 2010

Dopo la giornata di ieri, su cui commentare alcunché è superfluo -per chi era a Roma, sappiamo cosa abbiamo visto e sentito; per gli altri: compratevi il manifesto di oggi che è l’unico che non sproloquia di black bloc (anche perché usarlo al plurale è sbagliato: IL black bloc = blocco nero, non I black bloc). Sembra dunque opportuno celebrare nel bene e nel male con la satira dell’ottimo blog collettivo Spinoza.it, che  ha pubblicato su Facebook delle foto commentate riferite agli scontri di ieri. Queste sono tre, per le altre basta cliccare sul link alla sua pagina Facebook

Ah, se non eravate mai stati su Spinoza, non siete nessuno, sappiatelo.

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Questo ha capito tutto.

15 dicembre 2010

“Al fine di proteggere le sedi istituzionali, cuore della democrazia e della liberta’ del nostro paese, e preservare i beni della Capitale, inseriti nella lista del patrimonio mondiale dell’Unesco, ho presentato al Senato una mozione affinche’ siano vietate le manifestazioni nel centro di Roma, nei pressi delle sedi istituzionali, in concomitanza di lavori parlamentari importanti”

Stefano de Lillo, parlamentare PDL

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Fwd: Falla girare (ancora sul 14 dicembre)

13 dicembre 2010

…data di cui s’è scritto qui. Ci scrive una nostra valente redattrice:

Qui a Parigi si è creato un gruppo di studenti per la maggior parte italiani, erasmus e non, che sta cercando di organizzare delle iniziative per manifestare il proprio dissenso alla riforma Gelmini. […]
Il 30 Novembre, come sapete, siamo riusciti a stendere uno striscione sull’Arco di trionfo e in questi giorni ci siamo riuniti in una serie di assemblee per organizzare altre iniziative in vista del 14 dicembre, che ci piacerebbe coordinare con l’italia e con gli altri studenti italiani che si trovano in Europa.

Ecco, vi chiederei, se potete, di diffondere il più possibile attraverso le vostre reti e i vostri canali di contatti sia in Italia ma anche in Europa (internet, forum, social network, amici, associazioni, giornali grandi e piccoli, voi stessi).

Chi siamo noi per negarle questo? Il testo dell’appello, dunque:

Siamo studentesse e studenti, precari e precarie della conoscenza, 

che hanno deciso di lasciare il proprio paese, che partecipano a progetti di scambio culturale, che sono alla ricerca di lavoro e di speranze. Siamo parte di una nuova generazione di migranti nell’Europa che si dichiara dei diritti , ma che ci tratta come merci.

Senza alcun sostegno al reddito, schiacciati tra la precarietà delle relazioni produttive e sociali, siamo la prova vivente del fallimento dell’europa sociale e delle conoscenze, delle politiche neoliberiste che negli anni hanno deturpato e privatizzato i beni pubblici svendendoli all’ideologia della crescita. Un’Europa asservita agli interessi delle imprese e delle banche che con i GATS, la direttiva Bolkestein ha minato alla base l’idea stessa di cittadinanza europea, privandola di ogni significato reale, diffondendo precarietà e nuove povertà.

Siamo la generazione vittima dell’idea del produttivismo, della iperspecializzazione, della selezione sociale mascherata da meritocrazia. Vittima di università e scuole che assomigliano a prigioni, che cadono a pezzi, prive di ogni legame con il territorio, che dispensano nozioni e formule sorde all’innovazione e ai bisogni dei principali protagonisti: le studentesse e gli studenti. Conoscenze ridotte a merce di scambio attraverso il sistema del credito, frutto del processo di Bologna e della carta di Lisbona, legate a doppio filo alla dequalificazione dei saperi, l’aumento del costo d’istruzione e a maggiori sbarramenti all’accesso. Dall’altra parte l’Italia ha deciso di smantellare il diritto allo studio e il sistema pubblico di istruzione, di investire nell’istruzione privata, in un paese governato da logiche clientelari e discriminanti, con l’ovvio obbiettivo di ripristinare una visione della società gerontocratica e con forti divaricazioni sociali.
Una Italia che invece di puntare sulla ricerca pubblica, ne ha tagliato le gambe, aumentando il numero di dottorandi senza borsa e ricercatori a contratto, bloccando le assunzioni e chiudendo corsi di studio. […]

se volete sapere come continua trovate QUI

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Possis nihil Urbe Roma visere maius

7 dicembre 2010

Siccome siamo un blog di servizio, voi chiedete, noi facciamo: qui trovate info sui pullman da BO per la manifestazione promossa per il 14 dicembre a Roma davanti alla Camera da Uniti contro la crisi.

Chi crede nella bontà e utilità dell’iniziativa “sociale” nel giorno fissato per la sfiducia parlamentare scrive più o meno queste cose qua.