Posts Tagged ‘Bologna’

h1

A scuola di rivolta.

20 marzo 2011

Vorrei parlare di una cosa che tutti sappiamo ma che nessuno sembra avere la spudoratezza di dire: e cioè che il tempo dell’indignazione è passato e chi si indigna già comincia ad annoiarci, comincia a parerci ogni giorno di più l’ultimo difensore di un sistema marcio, di un sistema privo di dignità, privo di sostenibilità, privo di credibilità. Noi non ci dobbiamo più indignare, noi dobbiamo insorgere.

Sollevarci. Badate, sul vocabolario la parola insurrezione è spiegata in maniere differenti. Ma io mi attengo all’etimo. E per me la parola insurrezione significa levarsi in piedi, significa assumere in maniera intransigente la propria dignità di essere umano, di lavoratore, di cittadino. Ma significa anche un’altra cosa. Significa dispiegare nella loro pienezza le potenze del corpo, della conoscenza collettiva, della società, della rete, dell’intelligenza. Dispiegare interamente ciò che noi siamo, in maniera collettiva. Ed è questo il punto.

Bifo Berardi, Accademia di Brera, 15 marzo 2011

Franco “Bifo” Berardi, chi è di Bologna probabilmente lo conoscerà. Ex leader di PotOp, tra gli animatori del ’77 bolognese, fuggito in Francia, poi ritornato: oggi insegna. Che piaccia o non piaccia quel che dice, a ‘sto giro ci sembra interessante e ve lo proponiamo. Fateci sapere cosa ne pensate.

La trascrizione integrale del discorso il cui inizio abbiamo postato qui sopra la trovate qui su th-rough.eu.

Anche l’amore nel tempo precario
è diventato una cosa per vecchi,
un privilegio di anziani amanti
che hanno del tempo da dedicarsi.
Noi eredi di un secolo feroce
che rispettava soltanto il futuro,
siamo il futuro promesso,
l’ultimo forse però, perché il profitto
non rispetta né il domani né l’adesso.

Il patto è stato cancellato
perché la regola non vale nulla
quando non c’è la forza per imporla.
Ora ciascuno è privato,
e solitario elabora segnali
sullo schermo mutevole che irradia
intima luce ipnotica. Riceve
ordini telefonici, e risponde
con voce allegra perché non è concesso
ch’altri conosca l’intima afflizione
che ci opprime.
Talvolta sul contratto di assunzione
è compresa una norma che ti impegna
a non suicidarti.
Questo non ferma certo l’espansione
dell’esercito immenso di coloro
che levano la mano su se stessi.

Nel solo mese di maggio
all’azienda trasporti di Bologna
si sono uccisi tre lavoratori.
Dieci anni fa erano tremila
i conducenti degli autobus cittadini,
oggi sono soltanto milleduecento
e il traffico non è certo meno intenso.
Alle officine Foxsson
si danno fuoco giovani operai.
A migliaia s’immolano
i contadini indiani,
alla Telecom France
si ammazzano a decine per il mobbing.
In molte fabbriche italiane
minacciano di buttarsi giù dal tetto.
E’ un sistema perfetto
razionale, efficiente, produttivo.
Chi s’ammazza è un cattivo
cittadino che non ha capito bene
come funziona il nuovo ordinamento.
Devi essere contento,
partecipi allo sforzo collettivo
che rilancia la crescita e impedisce
che il deficit sorpassi il tre per cento.

Brucia ragazzo brucia
brucia la banca centrale
e quella periferica.
A poco servirà, purtroppo
Perché i numeri che ti rovinano l’esistenza
Non sono conservati in nessuna banca,
neppure in quella centrale.
Vagano nell’infosfera
E nessuno li può cancellare.
I nemici nascosti sono numeri
Null’altro che astratte funzioni,
integrali, algoritmi e deduzioni
della scienza economica.
Ma come puoi chiamare scienza
questo sapere che non sa niente
questo assurdo sistema di assiomi
di tecniche che spengono la vita
per non uscire dalle previsioni
di spesa?
Non è una scienza, è una superstizione
che trasforma le cose in astrazione
la ricchezza in miseria
e il tempo in ossessione.

Meglio andarsene di qui, ecco come si fa.
Meglio lasciare vuoto
il luogo dell’obbedienza e del sacrificio.
Meglio dir grazie no a chi ti propone
sopravvivenza in cambio di lavoro.
Impariamo a essere asceti
che non rinunciano al piacere né alla ricchezza
ma conoscono il piacere e la ricchezza
e perciò non li cercano al mercato.
Come gli uccelli nel cielo
e come i gigli nei campi
non abbiamo bisogno di lavoro
né di salario, ma di acqua e di carezze,
di aria, di pane, e dell’infinita ricchezza
che nasce dall’intelligenza collettiva
quando è al nostro servizio, non al servizio
dell’ignoranza economica.

Se vuoi sapere come si fa
io posso dirti soltanto
quello che abbiamo imparato dall’esperienza.
Non obbedire a chi vuole la tua vita
per farne carcassa di tempo vuoto.
Se devi vendere il tempo in cambio di danaro
sappi che non c’è somma di danaro
che valga il tuo tempo.

E’ comprensibile che qualcuno pensi
Che solo con la violenza
Possiamo avere indietro
Quello che ci han sottratto.
Invece non è così,
– dispongono di armate professionali
che la gara della violenza la vincerebbero
in pochi istanti.
Quel che puoi fare è sottrargli il tempo della tua vita.
Occorre diventare ciechi e sordi e muti
quando il potere ti chiede
di vedere ascoltare e parlare.

L’esodo inizia adesso
andiamocene via
ciascuno col suo mezzo di trasporto.
Meglio morto
che schiavo dell’astratto padrone
che non conosce
dolore né sentimento né ragione.
Ma meglio ancora vivo
senza pagare né il mutuo né l’affitto.
Quel che ci occorre non è nostro
se non nel breve tempo di un tragitto.
Quando arrivi parcheggi,
lasci le chiavi e lo sportello aperto
per qualcun altro che deve spostarsi
nella città, sui monti o nel deserto.

Ecco come si fa.
Si smette di lavorare
ché di lavoro non ce n’è più bisogno.
Occorre svegliarsi dal sogno
malato della crescita infinita
per veder chiaramente
che c’è una bolla immensa di lavoro inutile
che si gonfia col nostro tempo.
Inventiamo una vita che non pesa,
Che non costa.
Una vita leggera.

E poi sai che ti dico?
Non ti preoccupare del tuo futuro
Che tanto non ce l’hai. E’ tutto destinato
A pagare l’immenso debito accumulato
Per ripianare il debito delle banche.
Il futuro di cui parlano gli esperti
è sempre più tetro ogni giorno
che passa. E’ meglio che diserti
e comunichi intorno
il lento piacere dell’essere altrove.
Ecco come si fa.

h1

Bravi.

26 febbraio 2011

Questo post verrà aggiornato nelle prossime ore quando avremo maggiori informazioni sia da siti militanti che giornalistici che, soprattutto, da testimonianze dirette della giornata di mobilitazione antifascista contro un convegno a cui partecipava Casa Pound, quindi verrà modificato a breve. Nel frattempo, una breve cronaca riassuntiva sul sito di Repubblica, dove trovate anche le foto della giornata -mentre su ZeroInCondotta c’è il liveblogging della giornata con anche video e audio!

Intanto: bravi.

la home di Repubblica

h1

Kebabträume in der Türmestadt, 2

8 febbraio 2011

Il primo capitolo, “ove si parla di carne speziata, questione curda, ordinanze xenofobe, turchi in Germania e post-punk” e che rimane stabilmente tra gli articoli più letti di questo blog, si trova qui.

Sempre io, l’altro giorno, in una pizzeria/kebabberia di via Petroni, in piena zona universitaria bolognese. Ora, la corta via Petroni è al tempo stesso molto facile e molto difficile da descrivere. Facile perché su un lato ci sono solo case, tranne un paio di locali, due paninerie verso il fondo e un negozio di biciclette: dall’altro vi è una successione di minimarket di alimentari e alcolici, kebabbari, pizzettari (tutti gestiti in prevalenza da stranieri, con netta prevalenza dell’area Pakistan-India-Bangladesh), e poco di più -degna di nota la presenza di un liutaio.

Kebab power

Perché è difficile spiegare via Petroni? Perché essa è sicuramente in piena zona universitaria ed abitata di conseguenza da un bel numero di universitari: al civico 5 c’è un condominio in cui, se c’è una festa in un appartamento, è festa in tutti (ricordate? a tal propostito comparve un articolo su D di Repubblica dove si cita una parte della redazione della redazione di Idioteca). Solo che non ci sono solo loro, ma lì e nelle strade adiacenti ci sono anche un bel po’ di residenti bolognesi in pianta stabile, di tutte le età. E non sono affatto, affatto contenti dello stato in cui versa via Petroni.

Perché anche se è viva, via Petroni, ci passa un sacco di gente e tutto sommato non è che ci siano delle sparatorie giornaliere, è vero che è sporca; è vero che spesso e volentieri vi stazionano personaggi poco raccomandabili; è vero che una via piena solo di negozietti di alimentari e kebabberie crea molto passaggio e poca sosta e restringe la fascia delle persone che quella via sentono “propria” e non “terra di nessuno”.

Ora, in soldoni: i residenti -che poi non sono tutti i residenti, sono il comitato di quelli che ci stanno- votano, immigrati e studenti no. Sarà forse per questo che, con la scusa del degrado, si fanno da anni speculazioni politiche sulla situazione lì e al Pratello. La giunta Cofferati non fu da meno e non risparmiò ordinanze draconiane quanto inutili ai fini del “recupero” (da chi, poi?) della zona e dannose per i negozianti -anche se, va ricordato, si era parallelamente lanciato un progetto rivolto agli esercenti di riconversione, finanziata, dei negozi in altre attività: il bando andò quasi deserto.

Ora, nel vuoto politico pressoché assoluto lasciato dal dopo-Delbono, il commissario Cancellieri, che Dio la abbia in gloria, vara un’ordinanza: in via Petroni e adiacenze le rivendite di alimentari e i locali in genere potranno scegliere: o vendere alcolici e chiudere alle 19, o rinunciare a farlo e chiudere all’1. Tutto questo “a causa del rumore e degli schiamazzi”, mentre tutti noi ci sentiamo mooolto più sicuri tornando a casa per vie vuote, buie e silenziose, non è così? O forse la sicurezza sta in cose così?

Gli esercenti raccolgono le firme per opporsi, ma l’ordinanza viene emessa. I pakistani devono chiudere prima.

Quel che nessuno ha capito è perché nella stessa ordinanza c’è l’imposizione dell’installazione di distributori automatici per le bevande (ANalcoliche) fresche: perché? Per quale c@%%° di motivo?  Comunque dicevamo sopra, “Sempre io, l’altro giorno, in una pizzeria/kebabberia di via Petroni, in piena zona universitaria bolognese.” Ordino, mi siedo a leggere il giornale, poi noto la mostruosità del distributore alle mie spalle.

– E questo?

– Ah, guarda, lascia stare…

– Ma è da tanto che c’è?

– No, da quando ha voluto la Comune.

– E perché il Comune ha fatto mettere i distributori?

– Io non so! Non so perché loro ha fatto mettere macchina! Sai quanto prendo io con la macchina che vengono a riempire? 20%! E nessuno comprare più da bere!

– Eh, immagino, un casino…

– Hai detto giusto, è un casino! Io non so perché loro ha voluto fare! Non serve a un cazzo! Questi sono la politici del Comune, ma loro non sa un cazzo! Adesso hanno fatto questa cosa, e cosa è cambiato? Loro vogliono che tutto cambia, però in fine non cambiare niente!

E io, sapendo quali parole il pizzaiolo stesse inconsapevolmente ripetendo, gli ho risposto “resistete!” e ho pensato che più che mai ce la si è presa con le persone sbagliate.

h1

Oggi, 27 gennaio.

27 gennaio 2011

Stamattina in Emilia-Romagna c’era lo sciopero dei metalmeccanici FIOM, in anticipo di un giorno rispetto al resto d’Italia perché a Modena il 28 non si lavora, festa della Ghirlandina. Evvabbè.

Comunque, in centro a Bologna, corteo dei metalmeccanici dell’Emilia-Romagna, con discorsi finali di Landini e Camusso (se voleste leggervi qualcosa per pensarci su, qui). Io ci sarei andato, se non fossi stato all’appuntamento che il mio quartiere riserva alla presenza di alcune scuole locali per il 27 gennaio, giornata della memoria. C’era un buon numero di classi presenti (una dozzina), quasi tutte delle medie tranne per due 5° elementari.

Non è il primo anno che ci vado, ma tutte le volte imparo (o re-imparo) qualcosa. La mattinata era pensata così: spettacolo teatrale di due 3e medie, che lo hanno preparato con l’aiuto di una compagnia teatrale; letture e drammatizzazioni da romanzi, saggi e libri di poesie; attualizzazioni; un lavoro sulle leggi razziali in Italia e i suoi effetti a Bologna; una testimonianza registrata di Liliana Segre; un intervento dell’ANPI; testimonianze di persona di ragazzi delle superiori che negli anni precedenti furono in gita a Mauthausen con il professore che presentava la mattinata stessa.

Innanzitutto mi scordo sempre di quanto sia importante l’educazione fisica e l’educazione alla psicomotricità in genere: anche solo quelle poche ore che possono essere state la preparazione dello spettacolo fanno sì che la capacità di stare su un palco cambi come dal giorno alla notte. Che non si potrà mai sottovalutare quanta differenza possa fare anche un solo, singolo insegnante che ci tenga seriamente al lavoro che fa (e sì, magari uno se ne accorge dopo anni, per quanto retorico e vecchio sia questo discorso) e alle persone che ha davanti. Che invece un insegnante che se ne frega non faccia una quantità di male uguale-e-contraria, ma insomma, male ne fa.

Non che per questo un 14enne sia un oggetto malleabile a piacere, eh. Anzi, magari alcuni di essi riescono a mettere in scena questa poesia di Paul Celan dando l’impressione di averla capita più di me. Magari si scelgono la colonna sonora del documentario che li ritrae in gita e chi sa suonare uno strumento lo fa egregiamente.

Magari riescono a stupirti perché, quando un gruppo di loro coetanei legge “Prima vennero…” attualizzandola e facendola propria, nessuno si muove alle parole “siamo tutti un po’ zingari“, ma si solleva un putiferio a “siamo tutti un po’ omosessuali” (e qualcuno fischia anche “siamo tutti un po’ comunisti“).

Un minuto prima si distraggono durante il video con la Segre ed escono a fare casino, epperò stanno attentissimi quando parla una ragazza che ha 4 anni più di loro. Gli adolescenti sono animali strani, notavamo anche qua. Sempre sull’argomento di insegnanti, ragazzini, razzismo e manipolazione a me ha fatto molto riflettere anche questo post sul blog Haramlik.

Per chiudere: è la giornata della memoria, quindi se siete a Bologna stasera all’Arterìa c’è una serie di reading sulle vittime dimenticate dell’Olocausto, omosessuali compresi, visto che pare ci sia bisogno di ricordarlo, eccome.

Sul versante della Shoah, invece (siccome non è che ci sia meno bisogno di ricordarla), che pensare di questa iniziativa della Regione Umbria? Si tratta di una campagna-shock per la giornata di oggi su Facebook: slogan come “La Shoah non c’è mai stata” oppure “Epperò se la sono un po’ cercata“. A me convince, per quanto forte sia, proprio perché corriamo il rischio di non capire fino in fondo cosa “ricordare” significhi, anestetizzati come siamo dal dovere istituzionale (e non lo dico solo io). Fa male? Fa bene? Pareri?

h1

Proporzioni.

19 gennaio 2011

“Andatevi a vedere su una mappa quanto caspita è grande Mirafiori”, dicevamo.

Risposta dimensionata: circa due terzi del centro di Bologna (centro inteso come la parte dentro le mura).

h1

Sabato pomeriggio: neofascista, non andare via…

9 gennaio 2011

Foto dal Resto del Carlino, copyright Fotoschicchi

Che cos’è capitato ieri pomeriggio a Bologna?

Càpita questo: che il gruppo politico di estrema destra Forza Nuova, su posizioni che richiamano apertamente il neofascismo (molti dei dirigenti nazionali, a partire dal fondatore Roberto Fiore, sono passati dall’eversione nera negli anni ’80) abbia chiesto e ottenuto il permesso di stazionare in piazza dell’Unità, in zona Bolognina, con un banchetto di raccolta firme. Lo scopo è duplice, si legge nel comunicato stampa di Forza Nuova: il primo è quello di aprire ufficialmente la campagna elettorale per le comunale 2011 -ricordiamo che nel 2009 il movimento a Bologna candidò il sacerdote lefebrviano Giulio Tam, noto per le sue posizioni antiabortiste, anti-immigrazione, negazioniste e con una predilezione a fare il saluto romano, prendendo 451 voti, lo 0,2%.

Una manifestazione di FN

Il secondo è protestare, citiamo:

contro il nuovo decreto flussi del  Governo grazie al quale 100.000  nuovi immigrati entreranno nel  nostro paese nell’anno in corso  (senza contare i successivi inevitabili  ricongiungimenti familiari) in un  momento in cui la disoccupazione sta flagellando gli ancor minimi livelli di dignità economica della nostra popolazione e 7.000.000.000 di euro, ogni anno, sono inviati dagli immigrati nei rispettivi paesi d’origine sottraendosi così ai nostri circuiti economici e commerciali ed impoverendo il nostro tessuto sociale. L’immigrazione è una risorsa per pochi attori economici ed un flagello per tutti gli altri.

fonte: agenzia Dire

Raccolta firme, dunque. Sennonché, l’autorizzazione fa notizia: ne scrivono le agenzie, venerdì 7 il lancio è ripreso da Radio Città del Capo e il blog della fu Assemblea antifascista permanente , annunciando mobilitazione per il giorno dopo. Questo perché piazza dell’Unità, per gli antifascisti bolognesi, non è un luogo qualunque: è stata teatro, il 15 novembre 1944, della cosiddetta battaglia della Bolognina, in cui caddero 6 partigiani. A questo si aggiunga la natura da sempre operaia del quartiere, fin dalla sua edificazione, e storicamente spostato a sinistra: per tutto questo il presidio dei neofascisti è sentito come una “squallida provocazione”.

Ma non è tanto questo il motivo per  cui Forza Nuova ha scelto piazza  dell’Unità: la motivazione è piuttosto  legata alla notevole presenza di  immigrati nella zona. Non è chiara la  relazione tra questo e la raccolta  firme contro il decreto flussi 2011 che  arriva dopo 2 anni senza decreto e ha  tra l’altro dei numeri bassissimi  rispetto alla media dei precedenti  (senza contare che il meccanismo stesso nasconde, di fatto, regolarizzazioni di cittadini stranieri già presenti in Italia con l’artificio di chiamare lavoratori dai loro paesi, alimentando nient’altro che sfruttamento del lavoro nero e microcriminalità), se non quella classica tra locale e globale che tanto premia i movimenti populisti contro l’immigrazione: ti senti impaurito perché in giro ci sono troppi stranieri e ti rispondono che sono le dinamiche economiche planetarie? Mentono, è colpa dei poteri forti, della lobby gay, i massoni li vogliono sfruttare qui mentre a casa loro starebbero bene, aiutiamoli a casa loro, l’Italia agli italiani etc. Facile facile.

Scrive un militante su questo forum, “Forza nuova dice no a questa nuovo assalto al tessuto sociale italiano e lo dice in un quartiere di Bologna dove ormai gli stranieri hanno percentuali preoccupanti”. Preoccupanti per chi, non lo dice.

Piccola parentesi: abbiamo citato dal thread dedicato al presidio sul Forum della Base Militante. Nello stesso thread i messaggi sono del tenore “L’immigrazione deve essere fermata, la situazione sta diventando insostenibile!”, tale Ustascia (giuro) sostiene che “contrastare l’invasione è un dovere di tutti”, altri, tutto in caps “BASTA CON GLI IMMIGRATI,NON LI VUOLE NESSUNO”, uno nella firma ha KOSOVO JE SRBIJA (Dio li fa e poi li accoppia, ricordate? Ne avevamo parlato anche qui), oppure che sull’immigrazione “La gente si sta abituando, sta socializzando, a differenza di qualche anno fa. E’ quello che vedo io quando giro per la strada, sta diventando un fenomeno irreversibile, sarà sempre peggio! Il brutto è che non c’è più nulla da fare…..” Ora, il web è e deve rimanere libero e costoro hanno il sacrosanto diritto di pensare e soprattutto scrivere quel che credono. Io ho quello di mandarli a fare potentemente in culo. Riprendiamo.

Che succede ieri? Il solito copione visto così tante volte.

Succede che alle 16, puntuali, arrivano 5-6 militanti di Forza Nuova, preceduti già da parecchio dalle camionette della polizia e da un consistente numero di agenti in tenuta antisommossa, tutti lì in piedi ed annoiati. Dal centro sociale XM24 arrivano un po’ di militanti dei centri sociali (un 40?), gridano slogan contro Forza Nuova come “Fascisti carogne tornate nelle fogne”, hanno distribuito volantini in solidarietà agli immigrati a firma antifascisti/e, si è creata un po’ di tensione con i carabinieri visto che il presidio mobile ha girato qualche volta intorno alla piazza, si è bloccata la circolazione per 5 minuti in via Matteotti ed è finita lì. In piazza è rimasto un contro-presidio che esponeva fieramente uno striscione che recita «Nazifascisti, deponete le armi o perirete – Bolognina antifascista».

Il banchetto per la raccolta di firme è rimasto lì, nell’indifferenza generale. Tutto questo ottiene però l’effetto di dare visibilità a Forza Nuova (che sul fatto di dirsi ‘anticonformista’ e osteggiata dai ‘rossi’ ci sguazza), tant’è che sui giornali di oggi la notizia c’è: vedasi La Repubblica Bologna, che sceglie il tono “pulp” della questione dei gggiovani, però di sinistra:

Forza Nuova: “No all’immigrazione”
tensione con attivisti di sinistra

In piazza dell’Unità forze dell’ordine in tenuta antisommossa per evitare che i due gruppi venissero a contatto

e il Resto del Carlino, che non manca di omaggiare i tutori dell’ordine, eh, gli opposti estremismi, signora mia, quanta violenza c’è in giro:

Doppio presidio in piazza dell’Unità
Agenti anti-sommossa evitano il contatto – A tenere a distanza i militanti del partito di estrema destra dai ragazzi dell’area dei centri sociali ci ha pensato un consistente cordone di forze dell’ordine con carabinieri e poliziotti schierati in assetto anti-sommossa

A sentire l’informazione ‘indipendente’, invece, pare che la rivoluzione proletaria su scala mondiale sia ormai praticamente prossima. Per ZeroInCondotta c’era “un presidio mobile antifascista non annunciato di poco meno di un centinaio di persone”, mentre per StaffettaNoblogs (erede, si diceva, del blog dell’AAP)

nonostante questo massiccio spiegamento di forze, gli antifascisti hanno fatto un volantinaggio di controinformazione in giro per la Bolognina, sfuggendo ai blocchi della polizia e ricevendo la solidarietà degli abitanti del quartiere: migranti, ex-partigiani, giovani.

“Blocchi della polizia?” Forse a conti fatti la lettura più equilibrata la dà Radio Città del Capo nel resoconto sul suo sito.

Bolognina antifascista

Tutto parte, in effetti, dall’intento provocatorio di un presidio siffatto alla Bolognina. Anche ad astrarsi per un attimo da una sana avversione contro i razzismi e i fascismi, possiamo dire che quell’intento non ci fosse da parte di FN? Sì, c’era. Quindi; vi si risponde? C’è chi dice  “finché non fanno niente di illegale hanno tutto il diritto di stare lì, tanto sono irrilevanti” e chi pensa che no, quel diritto a manifestare le proprie opinioni ce l’hanno tutti tranne che i fascisti: chi ha manifestato ieri era evidentemente di questo avviso.

Come vi si risponde? Si possono contestare le autorità (la Questura in primis) per avere concesso l’autorizzazione e far passare la sottovalutazione delle organizzazioni neofasciste e fare pressioni sulle istituzioni e sulle forze politiche (o almeno che evitino di concederle sempre e comunque, anche quando, come nel 2009, sono concerti di gruppi neofascisti per celebrare l’anniversario della strage di piazza Fontana). Oppure si può ritenere che sia la società stessa, nella sua parte migliore, ad attivare i propri ‘anticorpi’ antifascisti, anche di fronte ai crescenti episodi di vandalismo nei confronti di lapidi o monumenti alla Resistenza (uno su tutti, per dire). Tra i corpi intermedi su cui si può esercitare pressione, non da ultimo, ci sarebbe anche quel che rimane dei partiti di massa -o almeno, su quelli della sinistra che più si proclamano antifascisti: è quel che cercano di fare, bene o male, associazioni (l’ANPI in testa) e movimenti di base.

Le forme in cui questa resistenza attiva si mette in atto sono molteplici. Si può legittimamente ritenere che certe volte si faccia ‘il loro gioco’ a contestare anche quando delle iniziative di estrema destra non si accorgerebbe un cane, né la gente né tantomeno i media mainstream: oppure che no, contestare bisogna sempre e comunque, perché altrimenti è un segnale di indifferenza civile e politica che lascia più spazio per la volta successiva.

Uno che c’era, ieri , si rende conto che forse la cosa peggiore è dare l’idea che a tenere la posizione di una militanza antifascista siano in pochi e siano i marginali, gli estremisti, i giovani-dei-centri-sociali.

E allora, che si fa?

h1

Un campione d’umanità.

5 gennaio 2011

Traggo dal volume di lettere di John Ruskin “Viaggi in Italia, 1840-1845”, Firenze, Passigli, 1985, che ho incrociato per motivi vari:

Parma, giovedì 10 luglio [1845]

“L’altro giorno, a Bologna, ho inciampato in una povera creaturina che giaceva sul selciato, immersa all’apparenza nel sonno eterno; forse era sfinita per l’inedia. Mi sono fermato all’istante… non certo mosso a compassione, bensì affascinato dalle pieghe della camicia a brandelli che mal celava il petto smilzo. Se non ho negato l’obolo alla madre, non è stato per un atto di carità: mi premeva che scacciasse le mosche mentre eseguivo lo schizzo”

E già questo, direte, basterebbe a chiudere la partita, direte. Invece no:

Como, domenica 20 luglio [1845]

“In vita mia non avevo mai visto niente di così spaventoso come lo stato in cui si è ridotta l’Italia. In questo paese non ho mai incontrato nessuno, fra la gente del posto, che sembrasse una creatura della mia stessa specie […] il giorno del Giudizio deve essere senz’altro prossimo, ma se fossi il diavolo, non comprerei questi italiani per arrostirli nemmeno per un quarto di penny: esalano già un fetore repellente!”

Che dire, oltre alla considerazione del titolo (alla quale si potrebbe rispondere “e vabbuò, ma faceva l’artista, mica il filantropo”), ci sarebbe anche da far notare un delicatissimo e senz’altro di buon gusto humour inglese, nonché il fatto che un ventiseienne figlio di papà ritenesse di aver già capito tutto della vita. E dell’Italia. Anche se proprio tutti tutti i torti non deve averli avuti.

h1

Tentativo di stesura di un dramma sociologico in crowdsourcing.

7 dicembre 2010

Tutto nasce da una discussione ieri sera a cena al ristorante indiano: c’è qualcosa di particolare a Bologna che attrae i personaggi squinternati? O meglio, che tiene dentro la vita sociale, nelle leggendarie balotte dei vari quartieri e nei centri-sociali-più-o-meno-occupati, persone che altrove avrebbero avuto solo tanto TSO? Allora, facciamo così: lanciamo la proposta per cui chi di bolognese (inteso come anche solo domiciliato per un po’) passa di qua, racconta un aneddoto o una leggenda metropolitana su un personaggio assurdo: che so, la contessa del Pratello, Willy dell’XM (Willy sindaco!), Ted Hemman, l’uomo-Ritalin, TruceBaldazzi, qualcuno degli umarells di cui parla Masotti… Vediamo come va.

Intanto iniziamo da un mito, Aldo dei Cavalla Cavalla, che in un Panorama di qualche anno fa fu inserito nelle 100 persone più importanti dell’anno (o che avrebbero influenzato l’anno successivo, non so, bisognerebbe ritrovarlo): subito dietro Uto Ughi, tipo. Chi non si è mai sentito chiedere una sigaretta da lui alzi la mano.

h1

Concerti in settimana a Bologna

5 ottobre 2010

Post di servizio, che riporta i concerti et similia che ci sono a Bologna questa settimana, presi di peso da un ottimo blog -che ha la musica come argomento principale- e che soprattutto utilizza (bene) un tema di WordPress molto impegnativo. Buttateci un’occhiata, dunque. Una segnalazione su tutte?Il porn groove di Immanuel Casto al Lokomotiv sabato sera.

P.S. Quello di ieri era il centesimo articolo, bravi tutti.

h1

Umorismo caput mundez

1 ottobre 2010

Che poi, non so a voi, ma dopo anni di Bologna e di Università passati a contatto con fuorisede, damsisti fuori corso da eoni e punkabbestia, mi sono accorto che questo tipo di umorismo in realtà mi fa molto ridere.

Mica perché sia un destrorso reazionario borghese fascista, eh: perché piglia della cose vere e ci costruisce sopra una storiella con i tempi comici giusti. A pensarci, è lo stesso motivo per cui il video del post qui sotto mette tristezza e non causa indignazione a comando: perché non fa ridere, mentre la risata riesce per un attimo a farci intravvedere un altro po’ di mondo.

[credits: cloridrato di sviluppina]

h1

Questa domenica in settembre…

26 settembre 2010

Banale da parte nostra, d’accordo, ma nulla da aggiungere. Diciamo solo che alcune volte fa un po’ più male di altre.

h1

Kebabträume in der Türmestadt

31 agosto 2010

Ove si parla di carne speziata, questione curda, ordinanze xenofobe, turchi in Germania e post-punk.

Qualche tempo fa, in una kebabberia di via delle Moline, chi scrive ha assistito alla seguente scena:

entra un avventore, si guarda intorno, chiede al gestore di Saleem (? così mi parve di capire), visto che questi gli ha dato un appuntamento.

-No, non c’è.

-Però lui aveva detto che venivo alle 2, che lui c’era.

-Io non so niente, non mi ha detto niente, puoi tornare dopo.

-Ma Saleem non c’è? Quando viene lui?

-Non lo so, non ci siamo visti, forse lo sa l’altro ragazzo. Vuoi che lo chiamo?

-Sì, perché lui mi aveva detto alle 2.

A questo punto l’avventore s’illumina e chiede:

-Turco?

-No, curdo.

-Saleem parla turco. Parli turco?

-(seccato) No.

-Ma come non parli turco, Saleem parla turco. (si esprime in una lingua incomprensibile al redattore)

-No, ho detto te prima che sono curdo. Saleem è turco, parla turco.

-Ma non c’è Saleem? Lui parla turco, ha detto ci vediamo alle 2, io non so quando arriva.

-(visibilmente stizzito) Io non so niente. Tornare dopo, chiedi dopo.

-Va bene (capisce l’antifona e se ne va).

Dissapori etnici davanti al Doner Kebab, il quale in effetti, nella versione che conosciamo col super-girarrosto, è un piatto turco.

La parola Kebab (o Kebap, in turco) però in arabo significa semplicemente “carne arrostita” e ne esistono perciò svariate versioni  dall’India e al Pakistan al bacino del Mediterraneo fino alla Grecia, che è anche l’arco che percorrono con i mezzi più svariati i migranti che arrivano sulle coste dell’Adriatico per cercare fortuna (ed è noto quanto spesso questi viaggi, soprattutto per kurdi ed iracheni, si fermino nei porti della Grecia che ha una legislazione a dir poco restrittiva sul diritto di asilo), e non è detto che Venezia o Ancona siano terra ospitale. Qualcuno scriveva che la parola fortuna in curdo non esiste.

Il cibo, invece, non conosce frontiere, le attraversa tutte e le ibrida in continuazione. Certo, la diffusione in Europa del kebab è dovuta all’immigrazione turca e dai paesi arabi: la sua presa, soprattutto tra gli squattrinati universitari, è soprattutto dovuta ai prezzi modici rapportati all’apporto calorico. Per questo motivo, nel Belpaese le solite giunte forzaleghiste del cazzo hanno in più di un luogo sollevato dei problemi (sanciti dall’immancabile ordinanza) all’aumento dei kebabbari: vedi il caso di Lucca, la proposta a Firenze, il centro di Roma, l’esempio della ‘capitale morale’ Milano, in Liguria ad Albenga, quei posti in Lombardia dai nomi ridicoli e oscuri che dovrebbero essere cancellati dalla faccia della terra, nonché Bergamo. Chi volesse rendersi conto dell’entità numerica di provvedimenti simili nella sola Lombardia, vada pure QUI. Così, tanto per dare un’idea. Bella merda.

Si diceva però dei cibi che migrano e si ibridano insieme con chi li prepara. Il fatto è che il Kebap ha viaggiato insieme all’immigrazione turca in Germania, lì ha messo radici (anche industriali) e da lì è rimbalzato nelle città di mezza Europa. Citiamo da questo post in memoria dell’inventore del super girarrosto che ha reso possibile la vita di chi frequenta il 36:

Nel 1971, un turco immigrato in Germania dà una mano nel ristorante di suo zio, a Berlino. Gli viene allora l’illuminazione che cambierà le abitudini alimentari dei festaroli: mettere delle fettine di carne di montone nella pita, il pane rotondo tradizionale del Mediterraneo orientale. Vi si aggiungono pomodori, cipolle e la famosa salsa bianca, l’altra invenzione di un Mehmet Aygun decisamente ispirato.

“Doner kebab” significa per l’appunto, kebab rotante. Ma veniamo ora alla musica. Il titolo del post è infatti una citazione da “Kebabträume” dei Deutsche-Amerikanische Freundschaft, ovvero i DAF, gruppo di culto della New wave tedesca anni ’80, dediti all’elettronica, al post-punk e alla dissacrazione di qualunque riferimento ad un immaginario politico (è loro il pezzo ‘Der Mussolini‘). Negli anni del montare della protesta dell’Ovest contro l’immigrazione turca ‘senza freni’ che metteva a repentaglio ‘l’identità tedesca’ (non sentite un brivido?), i Daf sfornano un pezzo elettronico che ribalta il segno delle contestazioni e in cui si canta “Wir sind die Türken von Morgen” (=noi siamo i turchi di domani). In effetti oggi Berlino è uno dei posti dove il kebab è ormai tipico (consigli sul kebab berlinese qui, chi capisse il tedesco troverà qui un dibattito interessante), e la famosa serie tradotta come Kebab for breakfast in originale si chiama in effetti “Türkisch für Anfänger” (=turco per principianti).

Il testo per intero recita:

Kebab Träume in der Mauer-Stadt (sogni di Kebab nella città del muro)
Türkkültür hinter Stacheldraht (cultura turca sotto il filo spinato)
Neue Izmir ist in der DDR (la nuova Smirne è nella RDT)
Atatürk der neue Herr (Atatürk il nuovo capo/signore)

Milliyet für die Sowjetunion (“Nazionalità”-un giornale turco- per l’Unione Sovietica)
In jeder Imbißstube ein Spion (in ogni tavola calda una spia)
Im ZK Agent aus Türkei (nel Comitato centrale un agente dalla Turchia)
Deutschland, Deutschland, alles ist vorbei! (Germania, Germania, tutto è spacciato)

Wir sind die Türken von Morgen (noi siamo i turchi di domani)
Wir sind die Türken von Morgen

Ed eccovi qua una bella esibizione live:

E siccome conosco un po’ i gusti della redazione, informo che l’hanno fatta in versione punkettona anche i CCCP, quando ancora si chiamavano Mithropank

  • La consueta segnalazione bibliofila: su curdi e dintorni obbligatorio il bellissimo fumetto di Marina Girardi (questo il suo blog), “Kurden People”, Bologna, Comma 22, 2009. Sui deliri di xenofoba onnipotenza legaiola, Giuseppe Civati, “Regione straniera“, Milano, Melampo, 2009 (anche in questo caso l’ottimo blog). Per un esempio positivo, Enzo Laforgia – Giovanna Ferloni, “Salamelle & kebab : incontri di culture in una provincia lombarda”, Varese : Arterigere, 2008.
  • Più il film di Fatih Akin del 2004, “Kebab connection“.

Ne approfittiamo per lanciare… IL SECONDO CONCORSO IDIOTECARO! ovvero:

qual è il kebabbaro più buono di Bologna?

Partecipate numerosi con i commenti (e condividete su FB)!

h1

Bologna de m**da

25 agosto 2010

Uno cerca di sforzarsi di mettere roba sul blog e le visite aumentano, se aumentano, di un pochetto. Dice alla gente “condividetelo su Facebook” e le visite quadruplicano. Ci dev’essere una lezione in tutto questo, ma non so quale. E comunque vi beccate questo:

Me ne vado… da questa Bologna addormentata, la Bologna leccaculo, borghese e cocainomane: la Bologna dei massoni, provinciale, la Bologna precaria dell’ “andiamo avanti”, del “volemose bene”, de “passami la canna”…

Così attacca il pezzo di tale Dario de Roma, dj, facendo ovviamente l’ideale verso a “Mamma Roma addio” di Remo Remotti -fatto salvo il testo recitato in modo un po’ strascicato su una base finto-truzza: certo non è un capolavoro, ma l’esperimento funziona.

Tutti, tutti abbiamo presente di cosa si parli con “la Bologna del soccmel ben in pant [bisogna tradurre?], di a tal deg mè [=te lo dico io], la Bologna del bolognese doc” , o la Bologna dei fascistelli, dei punkabbestia, dei ciellini, dei vigli urbani, degli after… “del Decadence, dei sushi bar, dello stile […] del Kasamatta, del Sodapops” “la Bologna della Linea, quella fetente e codarda”…

Che dire? Ascoltate e discutete (e, a ‘sto punto, condividete su Facebook con l’apposita icona qui sotto… )!

h1

Bologna. Piace a molte persone a cui piace Bologna

11 luglio 2010

I social network: piacciono a molte persone che sentono il bisogno di ribadire l’ovvio. Idealmente, chiudiamo qui anche la discussione su Bologna. Esisterà anche un gruppo fan del generale de la Palisse?

h1

Primo concorso idiotecaro – la conclusione

8 luglio 2010

Grazie a tutti per aver partecipato, in particolare per le foto da Ancona, ma ho appena deciso, sovranamente, che il Primo Concorso Idiotecaro lo vince questo:

Ancora da Bologna 1977. Assumerò un cannibale al giorno per farmi insegnare la mia distanza dalle stelle.

h1

Il Remi Gaillard dei poveri

30 giugno 2010

Oltre al titolo, altro non saprei dire intorno a questo video. Esso fa parte di una campagna promozionale dei famosi occhiali ‘finto-fico’ da hipster de noantri che, pure, si vedono in giro. Il tizio in questione si fa chiamare Mr Unbreakable Jay ed è il testimonial della campagna; degna di nota anche la sua lite verbale con Fabrizio Corona (quello che non perdona) per rivendicare la paternità della foggia degli occhiali.

La vera domanda è un’altra: perché gli squinternati di questo genere stanno tutti a Bologna?

La curiosità di tutto ciò sta in buona parte nella leggera morbosità del riconoscere i luoghi. Se invece vi va di guardare performance di ben altro livello, QUI trovate il canale Youtube di Remi Gaillard (quello vero) con tutte le sue uscite (pubbliche interruzioni di partite di calcio, tennis, gare ciclistiche,  etc: io voto su tutti quello di Mario Kart). Enjoy.

h1

Primo concorso idiotecaro!

15 giugno 2010

Vedete la scritta qui sopra? Guarda caso, risale a Bologna ’77… Ma siamo certi che noi contemporanei non siamo da meno! QUI nei commenti lanciamo ufficialmente il primo concorso idiotecaro di scritte sui muri / nei bagni / sotto i banchi / luoghi pubblici a caso!

Regole: 1) vale solo Bologna, con prevalenza di via Zamboni e dintorni

2) dichiarare sempre il luogo dove la scritta si trova

3) riportare fedelmente il testo (trascrivere va bene, fotografare meglio)

Ricchi premi e cotillon! Per gli uomini un bacio da Damiano, per le donne da Chiara Sgreccia!

h1

“Bologna è una vecchia signora, dai fianchi un po’ molli”

4 giugno 2010

Siccome quegli stronzi di WordPress vogliono QUATTRINI per fare caricare su un blog direttamente un file audio o video, incolliamo direttamente il precario collegamento dal TuTubo.

Più che altro, mi piacerebbe avviare una discussione intorno  al tema “Bologna/non Bologna”. Visto che non siamo più nel 1981 (anno in cui uscì l’album “Metropolis”), sono ancora attuali le parole del Guccio? Oppure, senza cadere nella retorica del ‘degrado’ (e si stava meglio quando la sera si poteva uscire e passeggiare e non c’era tutta questa sporcizia e questi immigrati e gli studenti etc etc), Bologna è scaduta a livello di politica culturale e scena musical-letteraria-universitaria, nella totale insipienza dei suoi passatisti abitanti?

Personale opinione? Bologna come la Pankow d’Italia [EDIT: mi è stato fatto notare che bisognerebbe segnalare ai più che Pankow è il quartiere della Berlino Est dove risiedevano molti dei funzionari di partito della DDR. Eccheccavolo, i CCCP non vi hanno insegnato niente?]. Indipendentemente dalla bontà del ‘modello-Bologna’, se mai è esistito (su questo risponderei di sì, e che ha avuto un senso fino al 77), ha funzionato finché è durato il Partito. Da allora, tentativi più o meno lobbistici di rilancio e convulsioni politico-culturali. Magari, chi è fuori sede la vede diversamente… Sono aperti i commenti!!

h1

“Via del Pratello, 41 -c’è la polizia con le pistole e i giubbotti antiproiettile”

29 Maggio 2010

Dovessi dire come vorrei che finisse l’Idioteca, risponderei senz’altro:

Così \”Radio Alice, irruzione della polizia\” [occhio che la registrazione parte al min. 00:19]

certo, tutto considerato al mattino era appena successo questo:

(dài, che lo sapete cos’è… via Mascarella, i segni degli spari che uccisero Francesco Lorusso -la lapide è lì di fianco. Questo sempre perché, in Italia, se sei un poliziotto e vuoi essere sicuro di ammazzare qualcuno, devi sparare in aria. Sempre.)

Quindi sì, da molti punti di vista erano altri tempi. Però, in tempi di disimpegno e precarietà, una consolazione. Ricordate, ai tempi dell’Onda (…), una certa intervista?

Quali fatti dovrebbero seguire? «Maroni dovrebbe fare quel che feci io quand’ero ministro dell’Interno».

Ossia? «In primo luogo, lasciare perdere gli studenti dei licei, perché pensi a cosa succederebbe se un ragazzino rimanesse ucciso o gravemente ferito…».

Gli universitari, invece? «Lasciarli fare. Ritirare le forze di polizia dalle strade e dalle università, infiltrare il movimento con agenti provocatori pronti a tutto, e lasciare che per una decina di giorni i manifestanti devastino i negozi, diano fuoco alle macchine e mettano a ferro e fuoco le città».

Dopo di che? «Dopo di che, forti del consenso popolare, il suono delle sirene delle ambulanze dovrà sovrastare quello delle auto di polizia e carabinieri».

Nel senso che… «Nel senso che le forze dell’ordine non dovrebbero avere pietà e mandarli tutti in ospedale. Non arrestarli, che tanto poi i magistrati li rimetterebbero subito in libertà, ma picchiarli e picchiare anche quei docenti che li fomentano».

Anche i docenti? «Soprattutto i docenti».

Presidente, il suo è un paradosso, no? «Non dico quelli anziani, certo, ma le maestre ragazzine sì. Si rende conto della gravità di quello che sta succedendo? Ci sono insegnanti che indottrinano i bambini e li portano in piazza: un atteggiamento criminale!».

E lei si rende conto di quel che direbbero in Europa dopo una cura del genere? «In Italia torna il fascismo», direbbero. «Balle, questa è la ricetta democratica: spegnere la fiamma prima che divampi l’incendio».

Per cui sì, consoliamoci: KoSSiga, quello, vuole menarci anche a noi (vedi commento al post).

h1

E con questo, a occhio, finiamo il riciclo. Nuove idee, please.

28 Maggio 2010

(aggiusta il microfono) BZZZ -Si sente?
(Applausi dalla sala)
-Care compagne e cari compagni… (continuano gli applausi) grazie.
Care compagne e cari compagni, è con fermo proposito che mi presento
davanti a quest’assemblea. E, lasciatemelo dire, non sono del tutto
d’accordo con le conclusioni cui è giunto il compagno XXXXX poco prima
di me. Non si procedette noi alla gloriosa fondazione dell’Idioteca
per scavare un cuneo di socialità nel grigiore intellettuale di questa
città? E non si volle noi ricominciare dalle strade e dalle piazze
così spesso negate, senza chiedere il permesso per liberare i nostri
copri e i nostri immaginari? (dal fondo della sala: -Bene! -Bravo!)
Per comiciare da noi stessi, da tutte e tutti, a sognare e a costruire
dal basso una zona franca in questa città? (-è vero!) Allora, care
compagne e cari compagni, è d’uopo riannodare quei fili della memoria
che ci permettono di riflettere su noi stessi, di avere un punto
d’appoggio a partire dal quale lottare per una visione radicalmente
altra di questa società capitalistica? Sento dire d’ogni dove:
movimento, movimento! Ma, non è altresì vero che dobbiamo partire,
oggi più che mai, da un’analisi (dalla sala brusii, contestazioni:
-non è vero! Movimento!)… Compagni, vi prego. Un’analisi, dicevo, di
quello che è stato il movimento “storico” in questa città, di cui
siamo -piaccia o non piaccia- successori, ed interrogarci, anche, su
quelle che qualcuno ha chiamato le ragioni storiche di una sconfitta?
Come si fa a recuperare la fantasia del sogno se non innerviamo
profondamente la realtà e allo stesso tempo crediamo di essere i primi
a sognare? Se non sappiamo farlo insieme con qualcun altro, dandoci,
dando prima di tutto a noi stessi, gli strumenti culturali e sociali
perché l’Idioteca possa camminare da adulta con le proprie gambe
(-Bravo! -è così!)? Io intendo dunque, con gli altri compagni della
mozione, il lavoro culturale e letterario -che pure non dobbiamo
dimenticare nel suo momento “proprio”- come un tutt’uno con quello
sociale e politico che, ancora una volta, ci permetterà di parlare con
la voce forte della contestazione e del’immaginazione del nuovo a
questa città. Grazie. (convinti applausi)

Ok, tutta la parte prima non ha senso se non come divertissement
letterario-politico… Quel che volevo farvi sapere è che, se qualcuno
non l’avesse mai visto, è scaricabile gratuitamente in rete (e vai di
copyleft!) “Il trasloco”, documentario di Renato de Maria (-CHII?
-Quello di Paz… -AAAH…!) sul trasloco di un appartamento storico
del 77 bolognese con Bifo come voce narrante e un sacco di passaggi su
RadioAlice, Il Male, il femminismo e il movimento tutto -dura
un’oretta, guardatelo ORA:

http://it.wikipedia.org/wiki/Il_trasloco (per informazioni)

http://www.ngvision.org/mediabase/212 (per scaricarlo, c’è il link in
basso sia dal mulo che dal sito proprio… buona visione!)